dal sito del Partito Democratico

Come ogni anno, l’appuntamento dell’8 marzo è l’occasione di allargare la riflessione sull’essere donna e sui femminismi. Quest’anno è anche la vigilia della proclamazione della Portavoce della nuova Conferenza delle Democratiche in calendario il 9 marzo. Abbiamo fatto qualche domanda alla candidata unitaria, Roberta Mori.

Oltre qualsiasi tentativo di scivolare nelle retoriche abituali, l’anno trascorso è segnato da quella che è apparsa un’inevitabile presa di coscienza dello stato delle cose. Il femminicidio di Giulia Cecchettin e le parole di sua sorella Elena, e di suo padre sembrano aver suonato una sveglia. È così?

La violenza contro le donne è la punta dell’iceberg di una società ancora impari e “fenomeno ignobile”, come lo ha definito il Presidente Mattarella. Le piazze del 25 novembre sono state un’onda d’urto straordinaria che ha unito donne, uomini e generazioni nella richiesta di cambiamento. Libertà, autonomia e autodeterminazione: in queste parole che ci connettono con “Donna, vita, libertà” delle sorelle iraniane sta il grido di quella mobilitazione e l’urgenza di emancipare tutta la società da discriminazioni anche economiche e abusi che calpestano i diritti umani ad ogni latitudine. La sveglia è suonata, non solo per le coscienze ma per la politica, che non può continuare a sottovalutare le diseguaglianze e violenze più odiose né la cultura che le alimenta. Questa cultura si chiama patriarcato, ovvero un sistema basato sul dominio e sul privilegio che schiaccia differenze, diversità e diritti, che usa le donne, il corpo delle donne, per mantenere il potere. Vi siamo tutte e tutti immersi e il primo passo è riconoscerlo per superarne i retaggi più tossici che negano la soggettività femminile sino all’estremo del femminicidio. Le Democratiche sono per realizzare in modo organico e strutturale le politiche di prevenzione, protezione e contrasto; sono per la libertà e i diritti della persona sanciti dalla Costituzione, impegnate a far sì che questo principio si traduca politicamente in sicurezza e pari opportunità di partenza per ciascuna in ogni campo. Il Paese non investe sulle giovani ed è ancora troppo indietro nel riconoscere la forza delle donne, sovraccaricate di oneri di cura. La nostra è una sfida culturale, dunque, ancor prima che sociale. La vogliamo vincere unendoci, senza steccati fra noi e senza condizionamenti esterni.

La Conferenza delle Democratiche sta attraversando una fase di profondo rinnovamento: in cosa si cambia e quali sono gli obiettivi su cui vuole lavorare?

Siamo ripartite da zero con le adesioni e in un paio di mesi ci siamo trovate con oltre 14.000 iscritte di cui quasi la metà senza tessera di partito. In questo dato c’è tanta voglia di partecipazione per dire basta alle ingiustizie e agli ostacoli che troviamo “in quanto donne”, per dire sì alla democrazia paritaria. La Conferenza delle Democratiche sarà all’altezza di questa fiducia se saprà essere quello per cui è nata: un luogo plurale e autonomo di elaborazione e iniziativa politica; un presidio di uguaglianza sostanziale, che non è mai omologazione ma diritto di esprimersi e di riconoscersi nella diversità. “Parità” non significa voler essere uguali agli uomini, bensì essere rispettate nella propria soggettività e non essere penalizzate da pregiudizi e da una società organizzata al maschile. Insieme vogliamo riformare un modello di sviluppo distorto e diseguale nel quale le donne non hanno mai avuto piena cittadinanza, perché i loro diritti sono considerati sacrificabili, merce di scambio in ogni mediazione politica. Lo abbiamo visto anche in sede europea sulla Direttiva contro la violenza da cui hanno stralciato il reato di stupro, ma lo vediamo ogni giorno nel Paese in decisioni mortificanti e retrive della destra al governo.

La nostra piattaforma è costruita su alcuni concetti chiave. La Pace, che non è una parola ma un progetto, una visione, un orizzonte da costruire giorno dopo giorno senza timidezze. La cura delle persone e del Pianeta, intesa come accudimento nella reciprocità come sistema alternativo alle logiche di sfruttamento e sopraffazione. Ci batteremo affinché i diritti delle donne siano esigibili nel lavoro, prima di tutto, con investimenti seri e concreti per una occupazione femminile di qualità, per retribuzioni giuste, nelle famiglie, negli ambiti civili e sociali, nel sistema di giustizia, nella salute e nella rappresentanza politica. Tutto ciò va costruito o consolidato sui territori, fra le persone e con l’associazionismo, dentro e fuori le istituzioni. La questione territoriale è centrale, l’autonomia differenziata della destra un obbrobrio: noi abbiamo l’obiettivo di contribuire ad unire l’Italia nei servizi sanitari di prossimità, nelle infrastrutture educative e sociali, liberando il potenziale di tante ragazze e donne che attualmente non accedono al welfare, ad una formazione e un lavoro di qualità. A proposito di territori, va sottolineato che la vittoria di Alessandra Todde, prima donna presidente di una terra meravigliosa come la Sardegna, è frutto di un lavoro e un percorso unitario che prima di tutto la Segretaria Elly Schlein ha perseguito, nella consapevolezza che le donne devono essere valorizzate e presenti nei luoghi della decisione per agire il cambiamento. Per l’alternativa politica.

Finalmente anche il nostro Paese vede affermarsi leadership femminili, ma come è evidente, non tutte femministe. La Conferenza delle democratiche come soggetto collettivo come vuole intervenire nel dibattito pubblico, oltre la questione strettamente di genere?

La questione di genere si interseca ad ogni altra questione e il superamento dei gap tra donne e uomini, necessario a sconfiggere le violenze maschili, costituisce leva di sviluppo equo per un benessere più diffuso. Con questo chiaro orizzonte femminista le Democratiche offrono una partecipazione che non è testimonianza ma azione politica coerente e collettiva. Perché nessuna si salva da sola. Il messaggio “meloniano” è del tutto sbagliato come la concezione autocratica che hanno le destre della leadership. Il nostro motto è AVANTI TUTTE, non avanti una e basta. Invece che colpevolizzare le donne dell’attuale inverno demografico e incentivarle a tornare alla dimensione domestica, occorre puntare sulle loro competenze e autonomia. Poiché abbattere il soffitto di cristallo vale in ogni campo, ci assumiamo la responsabilità di incidere nel dibattito pubblico per offrire una visione differente e politiche che concretamente migliorino il contesto di vita. Numerose e unite potremo non solo impedire i tentativi di ritorno al passato ma fare passi avanti, compattando le forze progressiste, anche civiche, su obiettivi di sistema quali, ad esempio, una copertura nazionale omogenea di Asili nido, il congedo paritario per i genitori, la sostenibilità della sanità pubblica e del welfare universalistico da assicurare nel tempo, la piena applicazione in tutte le Regioni della legge 194, un progetto serio di educazione all’affettività nelle scuole. Continueremo a lavorare per l’alternativa con l’associazionismo femminile e femminista sui territori, oggi con rinnovata energia data da tante adesioni anche di non iscritte al PD. Insieme decideremo come essere protagoniste, al servizio di tutte le donne, anche in Europa. Ci sono rischi e trasformazioni globali che richiedono una gestione politica comunitaria ben diversa da quella praticata sinora. Per la pace e il dialogo tra i popoli, per un’azione senza tentennamenti sul cambiamento climatico, per il rispetto dei diritti umani ovunque, ci siamo e ci saremo come progressiste nella famiglia del PSE.

Rispetto a qualche anno fa, sono emersi nuovi soggetti, nuove organizzazioni – penso a Non una di meno – che coinvolgono tantissime persone e molte giovani, riuscendo spesso a ridare significato alle ricorrenze, 25 novembre e 8 marzo su tutte. Cos’è per te l’8 marzo, nel 2024?

L’associazionismo femminile e femminista ha fatto la storia dell’Italia Repubblicana, quella migliore delle conquiste e della solidarietà sociale. Ce lo dimentichiamo, ma senza le donne di ieri e di oggi non avremmo fatto passi avanti nei diritti di cittadinanza e del lavoro, nella dignità e integrità personale come valore sociale. Alle attiviste che stanno alimentando tra le giovani la consapevolezza di non essere sole nella ricerca di libertà, pace e diritti, diciamo non solo grazie ma che siamo in lotta dalla stessa parte. Emancipazione femminile significa emancipazione della società, significa rigettare i semi dell’odio e dell’intolleranza che colpiscono le minoranze e per prime le donne, le bambine e ragazze nell’intero pianeta, producendo sofferenze inaccettabili. Ebbene, dicevamo che la sveglia è suonata e interpella la politica. Noi quella sveglia la terremo accesa anche nel PD e nel campo progressista, e agiremo il conflitto quando necessario, ossia se saremo ostacolate nell’accesso ai luoghi della rappresentanza democratica e del potere condiviso. L’8 marzo 2024 per me significa una tappa nuova e importante nel cammino che ho intrapreso molti anni fa assieme alle donne partendo da noi e dai territori. L’auspicio e l’impegno autentico che unisce le Democratiche è far sì che il nostro cammino collettivo serva a tutte le donne per essere libere di scegliere, di realizzarsi… insomma di cambiare il mondo.

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