dal sito del Partito Democratico

“Ci sono oltre 1500 camion di aiuti fermi. Entrano con il contagocce, mentre dall’altra parte, a Gaza, si muore di fame. I controlli israeliani su ogni singola vettura sono estenuanti, durano anche più di trenta giorni. Ci sono beni essenziali che vengono inspiegabilmente rifiutati, rimangono nel grande compound della Mezzaluna rossa egiziana”. Così Laura Boldrini, deputata Pd e presidente del Comitato permanente sui diritti umani della Camera, intervistata da La Stampa racconta la visita che ha portato una delegazione di parlamentari di Pd, Avs, M5S, associazioni pacifiste e Ong della ‘Carovana solidale’ al valico di Rafah, al confine tra Gaza e l’Egitto. “Se c’è un oggetto non autorizzato, tutto il camion viene rifiutato”, racconta Boldrini.  “Israele non dà conto a nessuno di quello che fa, decide in modo arbitrario. Non esiste una lista che stabilisca formalmente cosa possa entrare. Nella Striscia c’è bisogno di tutto. Come si fa a rifiutare una tenda perché non va bene la stoffa? Sono pretesti. Vogliono rendere impossibile la vita dei palestinesi a Gaza”.

“A Rafah”, ha raccontato il deputato dem Andrea Orlando in collegamento con il magazine video Metropolis di Repubblica, “abbiamo visitato alcuni centri di raccolta di materiali logistici che dovrebbero servire per rifornire la Striscia di Gaza con gli aiuti umanitari. Molti di quei beni inviati dai più svariati Paesi arabi, ma anche europei, da organizzazioni umanitarie e agenzie, in larga parte sono fermi. Alcuni di questi materiali sono stati rimandati indietro perché le guardie di confine israeliane considerano quei beni potenzialmente utilizzabili per altri scopi. Parliamo di dispositivi per disabili, incubatrici, bombole di ossigeno”.

Nel diario di questi giorni, nello svolgersi di questa questa missione, Orlando ha ricordato: “abbiamo incontrato associazioni, istituzioni internazionali e tutte ci hanno detto una cosa soltanto: accanto ai bombardamenti, con i bombardamenti, nella striscia di Gaza si sta determinando una strage silenziosa dovuta alla mancanza di medicinali, di generi alimentari. Qualunque tipo di aiuto non può arrivare a destinazione se prima non si fermano le armi. Questo è il punto fondamentale sul quale vogliamo mettere tutto il nostro impegno, tutta la nostra forza, tutta la nostra azione politica e oggi è una giornata nella quale vogliamo ribadire questo punto anche per far sapere qual è la situazione al nostro Paese, far conoscere, al di là delle polemiche, degli scontri, dei posizionamenti politici, qual è l’emergenza umanitaria che si sta determinando”.

“Dal valico di Rafah, con ancora più forza: cessate il fuoco immediato”, chiede Alessandro Zan, in un post su Facebook che lo ritrae, un cartello in mano, “Ceasefire in Gaza now”. Alle sue spalle, scrive “dietro quel cancello, a pochi metri di distanza, nella Striscia di Gaza la situazione è ormai al collasso. Oltre 30mila morti, più di 71mila feriti, condizioni igienico-sanitarie drammatiche con un bagno ogni 600 persone ed epidemie in aumento”. La situazione è questa, è sotto gli occhi di tutti, sotto gli occhi del mondo.

“Un cessate il fuoco immediato è l’unica condizione per poter proteggere la popolazione civile, serve che il governo italiano dia seguito alla mozione approvata dal Parlamento perché faccia sentire la voce italiana presso la comunità internazionale. Perché, fino ad ora, è rimasto completamente fermo”, ricorda Zan.

È ancora Laura Boldrini a rispondere a La Stampa sull’iniziativa del governo al riguardo, se sia abbastanza. “La premier non ha dato seguito alla mozione sul cessate il fuoco approvata in Parlamento. Non partecipa a colloqui, non agisce. Eppure tratta il premier israeliano Benjamin Netanyahu come un buon amico. Forse ai buoni amici bisognerebbe saper dire: ‘Fermati, non è accettabile quello che stai facendo’. Non vediamo quest’impegno”.

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